IL PERICOLO DELLE MONOCOLTURE: IL PROGETTO NOCCIOLA ITALIA

 

Il 19 maggio 2015 la multinazionale Ferrero, la Regione Lazio e ISMEA si sono accordati per impiantare ulteriori 10.000 ettari di noccioleti nel Lazio, in massima parte nella provincia di Viterbo, in aggiunta ai 22.000 già esistenti. "Non sono gli alberi a fare paura", come ha detto la regista Alice Rohrwacher al convegno di Orvieto del 16 marzo 2019 dal titolo I noccioli del problema, ma è il modo in cui queste piante vengono coltivate a generare problemi. I nuovi impianti di noccioli vengono incentivati con l’obbligo di essere biologici nei primi 5 anni, ma poi, quando le piante diventano produttive, per poter raggiungere lo standard qualitativo richiesto dalle multinazionali (non più del 3% di cimiciato), vengono sottoposte a pesanti trattamenti chimici. 

L'area del bacino idrogeologico del lago di Bolsena non è idonea alla presenza massiccia di noccioleti. Purtroppo, proprio a causa degli incentivi erogati indiscriminatamente, anche in zone non vocate o a rischio idrico, stanno già comparendo molte piantagioni intorno al lago, anche in prossimità delle rive. La monocoltura intensiva del nocciolo, come altre forme di monocoltura, costituisce un serio problema perché aggrava l'eutrofizzazione in atto, acuisce l'emergenza idrica quantitativa, aumenta i rischi per l’ambiente e la salute pubblica a causa del massiccio uso di fitofarmaci, deteriora il paesaggio e determina una perdita irrimediabile del grande patrimonio della biodiversità.

Noccioleto diserbato

La VINCA

Le colture intensive di noccioleti che sostituiscono le colture estensive esistenti non possono essere considerate una normale rotazione agricola; debbono quindi essere sottoposte alla Valutazione di Incidenza Ambientale alla Direzione Regionale per le Politiche Ambientali. 

La Direttiva Habitat 93/43/CEE art. 6, commi 3 e 4, stabilisce che la Valutazione di Incidenza Ambientale (VINCA) è "un procedimento obbligatorio, di carattere preventivo, al quale è necessario sottoporre qualsiasi piano o progetto che possa avere incidenze significative su un sito Natura 2000".

 

L'autorizzazione paesaggistica

Una autorizzazione paesaggistica va chiesta alla Soprintendenza quando si intendano sostituire colture tradizionali con impianti di nocciole nelle “aree della Tuscia riconosciute beni paesaggistici di interesse archeologico” e "all’interno di aree classificate come paesaggio agrario di valore”. Sono queste, infatti, le prescrizioni che la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio, per l’Area metropolitana di Roma, la Provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale ha inviato, mediante lettera circolare del 27 gennaio 2020 e nota procedurale del 16 novembre 2020, alla Regione, alla Provincia di Viterbo e ai comuni della Tuscia, relativamente ai “provvedimenti di autorizzazione in merito alla sostituzione di colture tradizionali con impianti di nocciole”. 

In osservanza del Codice dei beni culturali e del paesaggio e del PTPR-Lazio (Piano Territoriale Paesistico Regionale), la Soprintendenza ha specificato che si rende necessaria l’acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica perché “le lavorazioni assai pesanti, veri e propri scassi che raggiungono una profondità spesso di molto superiore al metro” rischiano “di danneggiare gravemente le preesistenze celate nel sottosuolo e oggetto di tutela” (si veda il Codice dei beni culturali e del paesaggio, art. 146, e l’articolo 160 e seguenti per le sanzioni). Inoltre, quando gli impianti di noccioli, “essenze… non autoctone e palesemente non storicizzate”, vengono sostituiti alle tradizionali colture come quelle dell’olivo (con specie autoctone di elevato pregio), è necessaria l'autorizzazione paesaggistica perché “tali colture, oltre a comportare rischi per le locali produzioni di eccellenza, adducono una inevitabile alterazione dei caratteri identitari del paesaggio agrario e fondiario”.


I documenti che seguono sono utili per comprendere le ragioni scientifiche alla base della nostra mobilitazione contro la coltivazione intensiva dei noccioleti nel bacino del lago di Bolsena.